Viviamo in una cultura che dà per scontato il desiderio sessuale come esperienza universale, stabile e necessaria.

Fin dall’adolescenza, e talvolta anche prima, ci viene insegnato implicitamente che crescere significa anche desiderare, essere desiderat*, vivere la sessualità in un certo modo e con certe aspettative.

Non serve che qualcun* ce lo dica direttamente: sono le battute tra amic*, le trame dei film, i silenzi degli adulti, le immagini pubblicitarie, i ruoli precostituiti.

È così che impariamo cosa e chi è “normale” desiderare.

Eppure, la sessualità è ancora un grande tabù.

Se ne parla poco, spesso male, quasi mai in modo autentico.

E in questo silenzio si annidano regole invisibili, pressioni sottili, messaggi distorti.

Non sorprende, quindi, che tutto ciò che esce da questi schemi venga ignorato o frainteso.

L’asessualità, intesa come orientamento valido e complesso, continua a essere poco riconosciuta, spesso sminuita, o patologizzata.

Parlare di asessualità, oggi, significa creare uno spazio di ascolto e riconoscimento per tutt* coloro che vivono il rapporto con la sessualità in modo diverso dal solito.

Significa mettere in discussione l’idea che una relazione si costruisca solo attraverso il desiderio sessuale.

È fondamentale ricordare che la sessualità può essere fluida: cambia nel tempo, si manifesta in modi diversi, può attenuarsi o intensificarsi, oppure non presentarsi affatto.

È da questa consapevolezza che nasce il concetto di spettro asessuale, che accoglie una vasta gamma di esperienze e vissuti, dal non provare mai attrazione sessuale al provarla solo in circostanze particolari.

In questo contesto, le etichette non sono gabbie.

Possono essere strumenti di liberazione, parole che aiutano a darsi un nome, a sentirsi parte di qualcosa, a riconoscere che non si è sol*. Per altr*, non definirsi è una scelta altrettanto valida e potente.

Aprire un discorso sull’asessualità significa aprire una porta verso la comprensione, l’autenticità, e il diritto di esistere anche fuori dai copioni previsti.

Perché ci sono persone che non cercano sesso, ma che costruiscono intimità, complicità e legami profondissimi.

E allora, iniziamo da qui: che cos’è davvero l’asessualità?

Cosa significa essere asessuale

Essere asessuale significa non provare attrazione sessuale nei confronti di altre persone.

Ma attenzione: questo non significa necessariamente rinunciare a relazioni, intimità o piacere. L’asessualità è un orientamento, non un trauma o una malattia.

È un modo autentico di vivere il proprio corpo e il proprio desiderio, anche quando quel desiderio non si rivolge alla sfera sessuale.

Proprio come accade per altri orientamenti, anche all’interno dell’asessualità esiste una grande varietà di esperienze, emozioni e bisogni.

Ecco perché oggi si parla di spettro asessuale: un insieme sfaccettato e in continua evoluzione che include tante identità diverse, accomunate dal fatto di vivere un rapporto non convenzionale con l’attrazione sessuale.

Alcune persone asessuali non provano attrazione sessuale in nessun contesto, altre la sperimentano in modo occasionale o solo in condizioni specifiche.

Ci sono persone che si definiscono:

  • Graysessuali → provano attrazione sessuale raramente, in circostanze poco frequenti o imprevedibili.
  • Demisessuali → coloro che sperimentano attrazione sessuale solo dopo aver costruito un forte legame emotivo con qualcun*.
  • Asessuali romantici o aromantici → alcune persone asessuali desiderano relazioni romantiche (di qualsiasi orientamento); altre, invece, non provano attrazione romantica verso nessun*.

L’asessualità non esclude automaticamente comportamenti sessuali: alcune persone asessuali scelgono di avere rapporti per piacere, affetto o intimità con il/la partner. Altre no.

Nessuna di queste esperienze è “più vera” delle altre. La chiave è una sola: il consenso, la libertà e il rispetto del proprio sentire.

In un mondo che associa valore, successo e realizzazione all’intensità del desiderio sessuale, l’esperienza asessuale può essere vissuta come qualcosa di difficile da comprendere, accettare o comunicare.

Eppure, anche l’assenza di attrazione sessuale è una forma legittima di esistenza.

Ma cosa succede quando questa realtà incontra uno sguardo che non sa riconoscerla?

Sfide sociali e relazionali

Quando qualcun* non prova attrazione sessuale o la vive in modo diverso rispetto alla norma culturale, la reazione più comune è l’incomprensione e quindi il giudizio.

L’esperienza asessuale viene spesso ignorata o fraintesa, e questo porta a una forte invisibilità sociale.

Nei media, nei discorsi pubblici, nei contesti educativi e familiari, l’asessualità raramente trova spazio.

Quando viene nominata, può essere oggetto di stereotipi, ridicolizzazione o patologizzazione.

Molte persone asessuali si trovano ad affrontare frasi svalutanti come:

  • “È solo una fase.”
  • “Devi ancora trovare la persona giusta.”
  • “Forse hai subito un trauma.”

Queste affermazioni, spesso dette con superficialità o presunta benevolenza, finiscono per invalidare il vissuto di chi è asessuale, suggerendo che ci sia qualcosa di “rotto” da correggere.

Anche nelle relazioni affettive o romantiche possono emergere delle difficoltà, soprattutto se una delle due persone è allosessuale (cioè prova attrazione sessuale) e l’altra no.

La mancanza di strumenti per comunicare apertamente può portare a fraintendimenti, frustrazioni o compromessi vissuti con disagio.

Non è l’orientamento in sé a generare il problema, ma la mancanza di consapevolezza e dialogo.

Per questo è importante creare una cultura sessuale più inclusiva, in cui ogni esperienza sia legittimata, anche quando si discosta dalle aspettative comuni.

Parlare apertamente di asessualità, includerla nei programmi educativi, nei media, nei luoghi di cura e consulenza, significa riconoscere l’esistenza di moltissime persone che, fino ad oggi, si sono sentite sbagliate, sole o invisibili.

In Italia, movimenti come Italy Needs Sex Education stanno portando avanti proprio questa battaglia: per un’educazione sessuale completa, inclusiva e rispettosa di tutte le diversità.

Ti invito a seguire la loro campagna, a informarti e, se puoi, a sostenerla. Perché cambiare la cultura del desiderio e della sessualità significa anche garantire visibilità e diritti a tutt*.

Riconoscere il proprio valore

Accettare la propria asessualita

Essere asessuali non è un difetto né una rinuncia. È semplicemente un modo legittimo di vivere il desiderio, il corpo e le relazioni, che merita lo stesso rispetto di qualunque altro orientamento.

Riconoscersi come asessuali può richiedere tempo, soprattutto in una società che tende ad associare intimità e amore esclusivamente alla sessualità.

Però, è un passaggio importante per poter costruire relazioni autentiche, senza dover fingere o adattarsi a modelli che non rispecchiano il proprio sentire.

Le persone asessuali possono avere relazioni significative e soddisfacenti, basate su affetto, cura, complicità e progetti condivisi.

Ciò che conta davvero è che queste relazioni siano fondate su consenso, comunicazione e rispetto reciproco.

Parlare di asessualità significa anche questo: riconoscere e dare spazio a identità e vissuti reali, anche se la società fatica ancora a farlo.

Leggi anche L’importanza del consenso sessuale

Orientamento e consapevolezza: uno spazio per tutt*

Ogni orientamento ha dignità. Ogni modo di vivere la sessualità, o di non viverla, ha pieno diritto di cittadinanza in una società che si vuole inclusiva e rispettosa.

La consapevolezza di sé è un atto di libertà e cura, un passo fondamentale verso relazioni più autentiche e sane, che nascono dal rispetto per se stessi e per l’altr*.

Scoprire e accettare il proprio orientamento significa restituire valore a un’esperienza spesso resa (e percepita) invisibile, e soprattutto, aprirsi alla possibilità di costruire legami basati sulla verità e sulla comunicazione sincera.

Parlare di asessualità non vuol dire ridurre o limitare la sessualità umana, ma piuttosto ampliare i suoi confini, riconoscendo e celebrando la sua complessità e ricchezza. È un invito a riconoscere che la diversità esiste e va accettata.

Se stai esplorando questa parte di te, ricordati che non sei sol*.

Puoi trovare supporto in una consulenza sessuale professionale, in spazi inclusivi come le comunità LGBTQIA+, e in strumenti preziosi, come il documentario (A)sexual - L’altra via del desiderio di Arono Celeprin, che racconta con delicatezza e profondità molte esperienze di asessualità.

articolo a cura di

Giulia Grechi

Consulente Sessuale

Giulia grechi sessuologa

Dottoressa in Riabilitazione Psichiatrica presso la facoltà di medicina e psicologia La Sapienza, con specializzazione in Consulenza Sessuale conseguita a la Scuola di Sessuologia e Psicologia Applicata.