Viviamo in un tempo che, tra mille contraddizioni, prova a decostruire i confini rigidi dell’identità e del desiderio.

Le parole con cui raccontiamo chi siamo e chi amiamo si moltiplicano e si reinventano.

Ed è proprio in questo paesaggio in evoluzione che la pansessualità si affaccia, o forse è meglio dire: si rivela, perché è sempre esistita.

Ma oggi si chiama, si nomina e prende voce.

Essere pansessuali significa desiderare, amare, relazionarsi senza che il genere dell’altr* sia un vincolo o un filtro determinante.

È uno sguardo sul mondo che accoglie la molteplicità, che riconosce il valore di ogni identità, ma che non ne fa l’asse portante del proprio orientamento.

Chi è pansessuale può innamorarsi di una donna cis (o uomo cis), di una persona non binaria, di un uomo trans (o donna trans), senza che il genere sia l’elemento principale per l’attrazione.

La pansessualità sfida l’idea che l’orientamento sessuale debba necessariamente scegliere tra due o più generi.

Va oltre la logica binaria, e al tempo stesso non la nega: la trascende.

Distinguere la pansessualità da orientamenti simili

Nel ventaglio sempre più ampio delle possibilità identitarie, la pansessualità è un orientamento che afferma: il genere non è il criterio che orienta il desiderio.

Non lo nega, non lo ignora, ma semplicemente non lo mette al centro.

In questo senso, la pansessualità viene talvolta descritta comegender blind”: il genere esiste, viene riconosciuto, ma non costituisce un filtro.

È un orientamento che si concentra sulla persona nella sua interezza, al di là delle strutture normative che vorrebbero definire chi possiamo o dobbiamo desiderare.

Il desiderio pansessuale si muove libero dal genere, ma non è l’unico orientamento a farlo.

Esistono altri orientamenti che gli assomigliano e che condividono il rifiuto del binarismo.

Vediamo meglio come la pansessualità si distingue da orientamenti simili.

Bisessualità

La bisessualità, ad esempio, viene spesso confusa con essa.

Nella sua definizione più classica, descrive l’attrazione verso due generi: lo stesso e quello “opposto”.

Ma oggi molte persone bisessuali rivendicano una visione più ampia e fluida: attrazione verso il proprio genere e verso altri, senza necessariamente limitarsi al binarismo.

Tuttavia, nella bisessualità il genere resta un elemento riconosciuto e, in qualche misura, influente.

C’è consapevolezza del genere dell’altro e può esserci anche una preferenza o una dinamica diversa a seconda di chi si ha di fronte.

Polisessualità

La polisessualità, deriva dal greco polys, che significa “molti”, descrive l’attrazione verso molti generi, ma non tutti, altrimenti sarebbe pan, dal greco “tutti” i generi.

È un orientamento che riconosce una pluralità di identità di genere come potenzialmente attraenti, ma che può escluderne altre.

Una persona polisessuale, per esempio, potrebbe sentirsi attratta da uomini cis, donne trans e persone non binarie, ma non da donne cis.

È una posizione selettiva, non per giudizio, ma per esperienza vissuta.

Omnisessualità

Infine, c’è l’omnisessualità, una parente molto stretta della pansessualità. Anche qui l’attrazione si estende a tutte le identità di genere, ma con una differenza sottile: nell’omnisessualità il genere dell’altra persona viene riconosciuto e può avere un ruolo nella dinamica attrattiva.

È come dire, per esempio: “ti desidero, ti scelgo perché sei trans”.

La pansessualità, invece, come detto, può vivere quell'informazione come secondaria, talvolta addirittura irrilevante.

Tra queste non c’è una gerarchia, ma una costellazione di esperienze che si avvicinano e si allontanano, ognuna con il suo modo di amare, di desiderare e di esistere.

Attrazione senza binari: libertà e fluidità tra gli sguardi storti della società

Attrazione senza binari

Una definizione, per quanto accurata, non basta a raccontare la complessità di un orientamente vissuto.

Perché se la pansessualità rifiuta le cornici del genere, spesso è la società a non essere pronta a rinunciare alle sue.

Viviamo in una cultura dove ogni cosa, anche l’amore, sembra aver bisogno di un’etichetta, di una direzione, di un “a chi ti rivolgi?”

Ma l’orientamento pansessuale non si lascia incasellare. È un modo di sentire che non chiede permesso al genere, che non si orienta sulla base di identità predefinite, ma si lascia attraversare dalle persone così come sono.

Non si tratta di scegliere a prescindere, ma di aprirsi alla possibilità che chiunque, indipendentemente da come si definisca o venga percepito, possa diventare soggetto di desiderio, di tenerezza e di legame.

È un orientamento che rompe i binari su cui il desiderio è stato educato a scorrere: uomo-donna, maschile-femminile, cis-trans.

La pansessualità si muove altrove, nel campo dell’incontro autentico, dove non è l’identità di genere a precedere la relazione, ma la relazione a dare senso, forma, intensità a ciò che sentiamo.

Ma se il cuore può essere fluido, la società lo è molto meno.

Chi si identifica come pansessuale si scontra ancora oggi con una serie di pregiudizi duri a morire.

Tra i preconcetti più diffusi ci sono quelli che riducono la pansessualità a una confusione momentanea, a una fase passeggera, o addirittura a una moda da social.

L’attrazione libera viene scambiata per promiscuità, la fluidità per indecisione, l’apertura per superficialità.

Questa invisibilità può fare male. Può generare dubbi interiori, paura di non essere accettat* nemmeno in spazi che si vorrebbero sicuri. Può creare solitudini sottili, non sempre visibili, ma profondamente reali.

Eppure, è proprio in questa libertà di desiderare senza confini imposti che la pansessualità rivela la sua forza rivoluzionaria: un invito a guardare l’altr* per ciò che è, non per ciò che rappresenta.

Un orientamento che non pretende di sapere tutto dell’identità altrui, ma che lascia spazio. Che ascolta. Che disarma la rigidità del sistema binario.

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L’amore non ha un solo volto

Ogni persona è un universo, ogni storia un sentiero unico.

In un mondo che ancora tende a semplificare ciò che è complesso, essere pansessuali può diventare un atto di resistenza gentile, una richiesta di riconoscimento.

Non serve capire o provare tutto per rispettare. Serve ascoltare.

Coltivare relazioni inclusive significa accogliere le sfumature dell’identità altrui senza tentare di classificarle o ridurle.

Significa riconoscere che ciascun modo di amare, desiderare, sentire, ha diritto di esistere e di essere accolto con la stessa dignità.

Non si tratta solo di accettare un’etichetta, ma di dare valore alle storie che portano con sé: storie spesso fatte di scoperte, di incertezze, di battaglie interiori e sociali.

Ascoltare queste storie, con rispetto, con cura, con apertura, è un modo concreto per costruire spazi relazionali più giusti, più veri, più umani.

L’amore non ha confini netti, non parla una sola lingua, non indossa un’unica maschera.

È molteplice e mutevole. È quello che ci fa vibrare quando meno ce lo aspettiamo, anche quando le nostre categorie si rifiutano di trovare un nome.

La pansessualità, con il suo sguardo che attraversa e accoglie, ci ricorda che l’affettività umana non è una strada diritta, ma un intreccio di sentieri. E che in fondo, ogni essere umano cerca la stessa cosa: essere riconosciut*, essere amat*, essere liber*.

Allora, celebriamo questa infinità d’amore. Celebriamo la libertà di sentirci interi anche fuori dalle definizioni.

Perché l’amore non ha un solo volto, ma tanti quanti ne possiamo immaginare e anche di più.

Articolo scritto dalla Dott.ssa Giulia Grechi.

articolo a cura di

Giulia Grechi

Consulente Sessuale

Giulia grechi sessuologa

Giulia Grechi, Dottoressa in Riabilitazione Psichiatrica presso la facoltà di medicina e psicologia La Sapienza, con specializzazione in Consulenza Sessuale conseguita a la Scuola di Sessuologia e Psicologia Applicata. Esperta in educazione sessuale, mi dedico a fornire informazioni e strumenti per promuovere una maggiore consapevolezza e benessere sessuale, con un approccio empatico e scientifico.