La sifilide è un’infezione batterica a trasmissione sessuale.

Il batterio responsabile della sifilide è il Treponema pallidum.

Sia maschi che femmine possono essere contagiati e possono essere portatori. Infatti l’infezione spesso non manifesta sintomi, pertanto senza saperlo si può contagiare o essere contagiati.

È una infezione che a tutt’oggi non è scomparsa, ma anzi sta tornando a manifestarsi.

Come ci si contagia?

Tramite rapporti sessuali di qualsiasi tipo (orale, vaginale, anale), quindi per contatto diretto. L’infezione provoca lesioni della cute, ma spesso agli stadi iniziali può passare inosservata. La malattia, se non curata, evolve in tre stadi caratterizzati ciascuno da una sintomatologia:

  • Sifilide primaria, dopo 2-12 settimane dal rapporto, si evidenzia una singola piaga rossa, indolore, nel punto di infezione che può scomparire autonomamente, ma è comunque contagiosa. Se non trattata evolve verso il secondo stadio.
  • Sifilide secondaria, compare dopo 2-6 mesi dal contagio. La sintomatologia del secondo stadio consiste in macchie cutanee rossastre, che possono colpire varie parti del corpo. In genere il dorso delle mani, i piedi, il tronco o l’area genitale e anale, può procurare febbre, stanchezza, perdita di peso, cefalea, mal di gola, ingrossamento dei linfonodi. Anche questa fase è contagiosa e anche questa fase può scomparire spontaneamente, per ricomparire a ondate.
  • Sifilide latente, indica un periodo in cui, pur rimanendo contagiosi, non si portano con sé evidenti sintomi. Può durare fino a 2 anni. L’eruzione cutanea è scomparsa. Molti guariscono, altri passano allo stadio successivo.
  • Sifilide terziaria. Già dallo stadio latente possono essersi insinuati danni ad organi quali occhi, cuore, cervello, fegato, arterie, ma questi possono manifestarsi anche decenni più tardi e possono portare alla cecità, alla demenza, alla paralisi e anche alla morte. Questo accade se l’infezione non viene curata nelle fasi precedenti.

Esiste infine una forma di sifilide definita congenita che riguarda quella trasmessa dalla madre, se malata, al feto. Oltre a provocare un interruzione della gravidanza, può portare serie complicazioni al nascituro.

Cosa fare per curarsi?

Innanzitutto recarsi dal proprio medico subito, ai primissimi sintomi.

Potrà essere effettuata un’analisi a microscopio da un prelievo dalla lesione o un analisi sierologica per evidenziare la presenza del batterio nel sangue.

La cura prevede una terapia antibiotica di varia durata a seconda dell’entità dell’infezione.

Attenzione, l’aver contratto l’infezione ed esserne guariti non rende immuni da nuove infezioni e soprattutto aumenta il rischio di contrarre il virus dell’HIV durante rapporti sessuali con persone sieropositive.

Prevenzione

Valgono anche in questo caso i principi e le regole del sesso sicuro. L’uso del profilattico e l’astensione da rapporti sessuali, se si sta seguendo una terapia antisifilide e comunque fino a che la terapia non sia terminata.

Per un approfondimento potete consultare il sito dell’Istituto Superiore di Sanità 

Redazione Mettiche

Ultimo aggiornamento: 26 marzo 2020

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